Le strade sono il museo migliore del mondo: la gente passa, indaffarata nei piccoli affanni della vita quotidiana, e si trova a camminare davanti a delle opere che colorano la città.
Se alziamo gli occhi dallo smartphone e ci guardiamo intorno, può capitare di ritrovarsi sbalorditi ad ammirare delle vere opere d’arte, create spesso di nascosto, che hanno come tela il freddo grigio di un muro.
Amate e odiate, da sempre contestate –e spesso illegali- ma anche strumento di riqualificazione di aree urbane in decadenza, hanno sempre attirato su di sé discussioni che hanno regalato loro una posizione scomoda, sulla sottile linea che divide il vandalismo dall’arte.
Volendo distinguere gli scarabocchi sui muri da opere create da Artisti veri, ripercorriamo un po’ la storia di questo mondo semi-nascosto, che lascia la sua firma a colpi di stencyl, spray e stickers, spesso di notte, mentre il mondo dorme. In realtà il raggruppamento di tutte queste tecniche e forme di espressione sotto il nome di Street Art è un po’ troppo generico per descrivere un fenomeno che ormai è costantemente sulla bocca dei grandi media, che parlano quasi giornalmente di mostre di street art in galleria, aste di graffiti, “musei a cielo aperto” o repressione.
I graffiti esistono da sempre, ma la prima “generazione moderna” –se così la possiamo definire- è quella della gioventù disillusa degli anni ’70 e ’80, in particolare i ragazzi appartenenti alla cultura hip-hop in America e a quella punk-rock in Europa: l’arrivo della bomboletta spray stava definendo i codici di una nuova cultura urbana, scegliendo proprio quelle strade, considerate fino a quel momento dei non-luoghi dell’arte, come il luogo preferito dove esprimere trasgressione e provocazione verso la società, una messa in discussione della proprietà privata ed al contempo un forte spirito di appartenenza al proprio gruppo.
Dopo una forte repressione verso la fine degli anni ’90, fino ad arrivare agli anni 2000 dove la diffusione capillare dei PC e il boom di internet apre ai writers una nuova dimensione dalle infinite possibilità, prima fra tutte quella di non dover per forza avere la collaborazione di giornalisti, galleristi ed altri attori “tradizionali” ma di poter promuovere la propria arte in maniera “fai da te”. Questa è la generazione “colta”, che ha deciso di frequentare degli istituti di graphic design per apprendere la cultura e l’estetica dei graffiti e che vuole che le sue opere siano Arte a tutti gli effetti: “professionisti” del settore, insomma, più amati dalla gente ma talvolta altrettanto criticati dai writers della “vecchia scuola” che sostengono l’originario spitito di provocazione piuttosto che la nuova logica commerciale.
Sta di fatto che la Street Art si è espansa fino a diventare ad oggi uno dei più grandi fenomeni artistici a livello mondiale contando circa 250 artisti attivi che fanno conoscere le proprie opere grazie al web e ai social network, alcuni dei quali hanno raggiunto una fama planetaria come Banksy. Molte istituzioni, municipalità, sponsor e gallerie oggi considerano tutto questo mondo come un business e come parte della nostra società: graffiti e Street Art sono integrati nei corsi di alcune scuole d’arte, il fiorire dei festival mette a disposizione degli artisti delle superfici legali su cui dipingere (considerate un miraggio dalla prima generazione), le municipalità commissionano ad un gruppo selezionato di pittori opere murali di dimensioni monumentali (dando il via al fenomeno del Muralismo) e il comune di Roma –ad esempio- ha raccolto in una mappa le opere murali della città per offrire ai suoi visitatori un percorso turistico “alternativo”.
Ad oggi la scuola francese e quella italiana sono le due più interessanti di questo movimento artistico planetario e le due città italiane più floride in tal senso sono Bologna e Milano; il nostro paese ha regalato alla Street Art dei nomi importanti anche a livello internazionale -la cui vera identità resta sempre protetta da uno pseudonimo- quali Lex e Sten.
Personalmente tutto ciò che parla di Arte mi fa battere il cuore e mi rende felice vedere che essa invade le nostre strade. Appunto per questo, quale inguaribile innamorata di tale forma di creatività umana, mi auguro sempre che essa sia espressione sincera di un essere complicato e affascinante, dovunque essa si trova.
By Chiara Musino
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